Google PageSpeed Insights: utile, ma non infallibile
Quando si parla di prestazioni web, uno degli strumenti più conosciuti e utilizzati è Google PageSpeed Insights. Tutti, dai web designer ai clienti più curiosi, prima o poi lo provano: basta inserire l’URL di un sito per ottenere un punteggio da 0 a 100 e una serie di suggerimenti su come migliorare la velocità di caricamento delle pagine.
Ma quanto sono affidabili quei numeri? E soprattutto: fino a che punto ha senso basare le proprie decisioni tecniche su questo test?
Cos’è Google PageSpeed Insights
PageSpeed Insights è un tool gratuito di Google che analizza le prestazioni di un sito web, sia su dispositivi mobili sia su desktop, fornendo due tipi di informazioni:
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Dati di laboratorio (Lab Data) – simulano il caricamento del sito in un ambiente controllato, utile per test e sviluppo.
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Dati reali (Field Data) – raccolti da utenti veri tramite Chrome User Experience Report (CrUX), quindi basati su esperienze concrete.
Il risultato è un punteggio che va da:
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🔴 0-49: sito lento
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🟡 50-89: prestazioni discrete
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🟢 90-100: prestazioni ottime
In più, il tool fornisce indicazioni tecniche su immagini non ottimizzate, codice CSS o JavaScript da ridurre, cache del browser, risorse bloccanti e molto altro.
Perché i risultati vanno interpretati con cautela
Nonostante l’affidabilità del marchio “Google”, PageSpeed Insights non è un giudice assoluto delle prestazioni del tuo sito.
Ecco alcuni motivi per cui è bene non fidarsi ciecamente del punteggio finale:
1. Simulazione ≠ realtà
I test vengono eseguiti in un ambiente simulato, con connessione e dispositivo standardizzati. Questo significa che i risultati non rispecchiano sempre l’esperienza reale dei tuoi utenti, che possono navigare da reti, dispositivi e browser molto diversi.
2. Il punteggio non è tutto
Un sito può avere un punteggio di 100 ma essere visivamente lento o poco reattivo, per esempio se carica molti script o animazioni in background. Al contrario, un sito con punteggio 70 può risultare perfettamente fluido e gradevole all’uso.
3. Non tiene conto delle priorità di business
PageSpeed non conosce i tuoi obiettivi.
Un e-commerce, per esempio, potrebbe caricare più script per tracciare il comportamento degli utenti o gestire un configuratore di prodotto: tutto ciò incide sul punteggio, ma è funzionale al business e non dovrebbe essere eliminato.
4. Cambiamenti costanti negli algoritmi
Google aggiorna periodicamente i parametri con cui valuta le prestazioni (come i Core Web Vitals). Questo può far variare il punteggio anche senza che tu abbia modificato il sito.
5. Non valuta tutto l’ecosistema digitale
Il punteggio non considera fattori altrettanto importanti come:
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qualità del server e dell’hosting,
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SEO on-page,
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user experience,
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compatibilità cross-browser,
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accessibilità.
Come usare PageSpeed Insights nel modo giusto
In Sviluppati.net utilizziamo Google PageSpeed come strumento di supporto tecnico, non come un fine.
Ecco come lo interpretiamo nel nostro lavoro:
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Analizziamo i risultati insieme ad altri tool professionali e strumenti di monitoraggio real-time.
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Valutiamo l’esperienza reale dell’utente, non solo il numero finale.
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Pianifichiamo ottimizzazioni mirate, per migliorare ciò che davvero incide sulla navigazione e sulla conversione.
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Manteniamo un equilibrio tra prestazioni e funzionalità, evitando interventi che penalizzano l’usabilità o il marketing.
In sintesi
Google PageSpeed Insights è un ottimo punto di partenza, ma non può essere l’unico metro di giudizio.
Il punteggio serve per individuare potenziali criticità, ma la vera differenza la fa l’analisi tecnica personalizzata e l’esperienza di chi sa leggere quei dati con occhio critico.
In altre parole: meglio un sito veloce e strategico, che un sito “perfetto per Google” ma scomodo per gli utenti.
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